Notte. Ombra che sovrasta sconfinate
alture tetre ed oltre l’orizzonte
ed opache e fosche nubi sfrangiate
rimestate nel torbido Acheronte
d’onde brevi e morte infrante sul volto
spento d’una ragazza bionda. Un ponte.
Ponte di legno caduto nel folto
intrico di cespi fangosi e rovi
in acquitrini sordidi ed ascolto
miti ed indifesi striduli corvi
invischiati soli in quel tanfo nero.
L’orrenda orma scura di rami curvi
impressa sulla terra secca. Il Vero
raccapricciante appeso a un cappio vuoto
che pende lento nell’aere oscuro.
Monete d’argento e un fiore di loto
infangato vermiglio opaco argento
per terra per terra per terra immoto.
Vermiglio vermiglio vermiglio vento
di sangue vivo rappreso nel cielo
fermo attonito e spento spento spento.
Vomito. Puzzo di vomito. Un velo.
Un velo di fronte i miei occhi ciechi
nella foschia un infinito volo
adagio si svela il vero. Cento echi.
Il sesso il sesso il sesso il sesso il sesso.
Ossessivamente ai miei orecchi.
Un corpo tumefatto. Un altro. Flusso.
L’acque gelide sulla mia pelle
ormai sporca e sprofondo. Riflusso.
Lentamente sprofondo. Folle folle
sentirti fra le mie braccia adesso.
Dove sei? Laggiù un frusciar di culle
che muovono laggiù laggiù. Riflesso
il mio volto in quegli occhi di donna
riflesso nel vuoto. Erezione. Amplesso.
Ma ormai cado in un terror che affanna
affanna affanna. Cos’è questo silenzio?
Dove mi trovo? Perché? Ninna nanna
ninna nanna ninna … un bicchiere. Assenzio.
Un altro, di fiamma. Arde un fuoco dentro.
Sono io? Chi? Aspetto il tuo solo nunzio.
Solo la tua voce può salvarmi.
Ed eccola lontanissima dolce …
lo stridere affilato di lame e armi
che sgozzano scannano. Nera falce
che semina la morte morte morte
un volare mortifero rapace
nel cielo nudo e scomposto. Ritorte
e arse radici d’ulivo su scuro
suolo, l’ombra del cappio stretto forte
s’allunga veloce e giace s’un muro
scalcinato. E il canto diventa un grido.
L’urlo raggelante acuto immaturo.
Strido uno strido strido strido strido
stona graffia raggelaaaaaa. Poi tace.
Una lacrima riga il viso e chiudo
gli occhi i miei caduchi occhi. Una luce
luce distante distante distante.
È lei è lei è lei è lei, truce
speranza. E la intravedo finalmente:
un volto caprino s’un corpo nudo
di bimba livido e smorto. Dal monte
raggiunge lentamente il mio lido.
Mi prende la mano, mi trae in salvo.
Poi mi lascia cadere giù. Grido.
Le pupille impazzite color fulvo
come il cielo tempestoso stracciato
che cade pesante su di me. Volvo
lo sguardo a lei, all’orrendo peccato
e sommerso cerco di respirare.
Inutilmente mi dibatto muto
in questo putrido nero fetore.
Ed i liquami entrano nella bocca
a ogni mio concitato inspirare.
Tutto resta immoto. Lei mi tocca
poi ridendo mi guarda morire.
Mi divincolo ma nulla, nulla. Grido, cerco di gridare. Urlo. Aaaah! Marieeee! Marieeee! Marieeeeeeee! Dove sei? Dove sei? Non piansi tanto forte in tutta la mia vita. Si svegliò Antoine di soprassalto “che cazzo succede!”. Mi trovò disteso, contorto, sul mio letto, con gli occhi iniettati di sangue. E tremavo, tremavo. Sbattevo le braccia contro il corpo. Mi strappai di dosso i vestiti, veemente, pazzo.
“Ma che cazzo t’è preso stronzo!”
Sempre urlando mi conficcai nel collo il manico del cucchiaino da assenzio bevuto la sera prima. Bruciò così forte che svenni. Antoine mi trascinò grondante di sangue sul suo furgone e mi portò all’ospedale di Lourdes. Ci volle un miracolo per salvarmi. Mi ero trafitto la carotide e se Antoine avesse ritardato qualche minuto sarei morto dissanguato sul sedile strappato del suo furgone. Ma avrei preferito morire.
Meritavo la morte per quel che avevo fatto. Merito ogni sofferenza. E tutto il male, il dolore di questo mondo tetro mi cadde addosso. E continua a cadere. Mi ero nutrito della sua carne morta, del suo corpo morto! Dovevo fuggire lontano, ma dove? Non avevo un posto dove andare. Dovevo fuggire soprattutto da me stesso. Come ho cercato di fare sempre nella mia vita. Fuggire da me stesso.
Solo una speranza di redenzione mi restava. Solo un luogo dove avrei potuto pagare per ciò che avevo fatto.
Leoluca Palminteri