Nacqui. Novecentottanta, sereno,
figlio di cantastorie e zappaterra,
nella bassa che dal Po il Lambro serra
ove Emila sugge il Lombardo seno.
Nacqui, ma pàrvemi cosa da poco:
per questo non scrivo chi sono e fui,
ma favoleggiando il destino altrui
nutro Calliope d’inclito foco.
Più volte il volto allora giovinetto
detersi alle sorgenti d’Elicona
che ancora sento il prodigioso effetto.
Oggi io sono colui che dona
l’incanto solitario d’un oggetto
che d’inchiostro e sogno in silenzio sona.
Gino Supramonte